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Descrizione della slitta, uno strumento di lavoro in uso nel basso bellunese fino agli anni '70 circa.
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La slitta, nel lessico locale "musséta", merita anch'essa alcune considerazioni di carattere tecnico - storico - ambientale.
La sua origine si perde nella notte dei tempi. Ma a differenza di
altri attrezzi, soppiantati in epoche più o meno remote dalle
innovazioni tecnologiche, essa è giunta, pressoché
invariata nella forma e nella struttura, fino ai nostri giorni,
tant'è che alcuni esemplari, anche se desueti, esistono
tuttora.
La sua funzione, nell'ambito dei sistema socio-economico nel quale si articolava la comunità locale era molto importante in quanto, essa serviva ad effettuare la maggior parte dei trasporti.
Nel periodo invernale, con le strade innevate, veniva usata anche nella parte pianeggiante dei fondovalle, per trasportare il letame sui poderi, per convogliare alla discarica la ghiaia racimolata sui campi e sui prati, per rifornire i negozi, per effettuare traslochi, ed altro ancora. Ma l'ambiente morfologicamente "naturale" dove veniva usufruita lungo l'intero arco dell'anno, era la montagna, per trasportare a valle fieno, legna, foglie secche da lettiera nonché i prodotti di fine monticazione.
Dalle ricerche storico - ambientali e dalle analisi tecniche effettuate, è emerso un particolare interessante concernente l'apparato di conduzione che equipaggia la "musséta" locale; dagli esami fatti, risulta che detto apparato è il risultato di un adeguamento tecnico "imposto" dal preminente uso della slitta su percorsi scoscesi, oltremodo difficoltosi nella guida. Ma procediamo con ordine.
Il verbo dialettale che definisce "condurre slitte" è
"mussetàr". E "mussetàr" sui tragitti scoscesi, risulta
arduo nonché pericoloso anche per i conduttori provetti; da
qui, la conseguente necessità di escogitare degli accorgimenti
tecnici adeguati. Se analizziamo la "musséta" in dotazione
nelle zone circostanti, possiamo rilevare che per quanto concerne i
dispositivo di conduzione, l'analoga "mussa" dei Bellunese
[...], è munita di
maniglioni fissi arcuati verso il basso, ottenuti dal prolungamento
delle due aste di pianale periferiche; mentre quella diffusa nella
contigua valle del Brenta fino ad interessare la valle di Corlo,
è anch'essa munita di maniglioni fissi ottenuti dal
prolungamento delle aste periferiche dei pianale, ma a differenza
della "feltrina", questi sono arcuati verso l'alto. In tutti tre i
tipi menzionati, i maniglioni, anche se arcuati in modo diverso,
servono tanto per guidare la "musséta" nella discesa che per
trainarla sui tratti pianeggianti. La "musséta" locale (vedere
il disegno illustrativo), per quanto concerne i dispositivo di
conduzione, si differenzia concettualmente dai tipi menzionati.
Infatti, per la guida in discesa essa è dotata di due
impugnature, dritte e corte, ottenute, anche queste, dal
prolungamento delle aste periferiche dei pianale; inoltre è
dotata di due "ròz" mobili, a forma di losanga, che durante la
marcia giacciono appoggiati sul retro delle impugnature. I
"ròz", parimenti alle parti arcuate dei maniglioni degli altri
tipi di "musséte", servono per trainare il mezzo sui tratti
pianeggianti, ma la loro funzione, è anche un'altra, tanto
quanto lo è, la poca lunghezza delle impugnature di guida. La
combinazione tecnologica: "ròz" mobili - impugnature corte,
è stata escogitata specificatamente per affrontare i tragitti
erti e pericolosi, abbastanza frequenti sulle montagne locali.
Quando il conduttore, con la slitta carica, affronta una discesa
ripida, deve stare molto attento di non essere "trat su", cioè
di non essere sopraffatto dalla spinta di gravità e
conseguentemente travolto dal mezzo. Pertanto, appena avverte la
spinta anomala, egli cala tempestivamente i "ròz" sulle
rispettive punte dei "mussài". Così posti, i
"ròz" s'infilano sui pattini e arretrano fino a fermarsi
contro le "gambéte" mezzane dove, solidamente bloccati,
formano due poderosi freni che, quasi sempre, arrestano la
"musséta". Quasi sempre però, perché c'è
anche la probabilità che a causa di un inserimento tardivo dei
"ròz", la "musséta" non si arresti; in quel caso
estremo e irrimediabile, il conduttore, prima di venire travolto deve
buttarsi di lato, fuori dalla traiettoria micidiale del mezzo e, per
fare questo con grande rapidità, non deve incontrare
impedimenti che, nella fattispecie potrebbero essere costituiti dalle
impugnature "lunghe ed arcuate".
Da qui la dotazione di impugnature
corte e dritte. Concludendo, ritengo che la "musséta" locale
tragga le sue origini dalla versione "squisitamente montana", a
differenza degli altri tipi menzionati, che denotano nella struttura
di conduzione, un'influenza d'uso peculiare delle zone collinari e
meno erte dislocate verso la Bassa.
Ultimo aggiornamento: 20/11/2005